Scrivo da prima che imparassi a tenere per bene una penna in mano, racconto le storie che invento.

Non avrei mai immaginato che qualcuno dall’altra parte delle mie righe e oltre le mie parole mi considerasse una cara amica.

Non credo di meritarlo. Ma se qualcuno crede che la mia penna possa arrecare un qualche conforto, allora, nel magico mondo delle parole in cui ogni cosa è possibile, farò in modo che la mia scrittura diventi la più fedele confidente e consigliera di quanti le chiederanno ascolto.

Rispondo a una lettera bellissima, giuntami firmata da C. Clara. Che mi domanda come si fa a superare la perdita prematura di un padre, quando si è ancora ragazze in età di post-diploma e mille sogni da realizzare e si ha un bisogno costante dei consigli e della presenza del proprio adorato papà. Che un giorno da incubo lascia questo mondo. E noi restiamo sole, senza più nessun fedele scudiero a coprirci le spalle e salvarci sempre.

Cara C. Clara, non c’è un’età giusta per diventare orfani. Si è sempre orfani, anche se perdiamo un genitore quando siamo nonni.

E non c’è un modo per superare l’inconcepibilità di una tale perdita nel momento più importante della nostra crescita.

Perché l’intera nostra esistenza meriterebbe di passare sotto gli occhi adoranti e incoraggianti di nostro padre.

Io non lo so chi è che decida quando un evento tanto tragico debba accadere. Ma so che c’è qualcuno, invece, che in qualche modo farà sì che tu trovi la forza per svegliarti al mattino e guardarti allo specchio ogni giorno più matura e immaginare che i suoi occhi siano lì, oltre quello specchio, a dirti quanto sei bella, che stai diventando grande, e che è tanto fiero di te.

Ciò che siamo, C Clara, non è altro che il frutto di quei giorni trascorsi ad ascoltare ciò che lui ci raccontava, il modo in cui c’indirizzava nella vita, i compiti di matematica che ci spiegava anche se era stanco, dopo una giornata di lavoro; la serietà e l’ironia che ci rendeva per farci comprendere se bisognava non prendersi troppo sul serio e quando invece non c’era proprio nulla da ridere.

Non si supera il dolore, lo si vive. Fino ad accarezzarlo come un amico docile, che non uccide, ma ci rammenta.

Chi siamo; da dove veniamo; dove stiamo andando.

Guarda oltre lo specchio, C Clara, ogni volta che il dolore sembrerà divorarti. Cercalo nell’immagine riflessa che vedi.

Sei tu.

Grazie, mia amica cara. Che le mie parole ti siano compagne carezzevoli. Soffio sulle ferite che bruciano ancora.

 

GìDM

 

 

 

 

 

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