InstagramCapture_1520ba91-9dbe-4342-83ae-29716d3ed975A vederli seduti sui marciapiedi, fuori al San paolo, da tanto di quel tempo che nemmeno ricordano a che ora di che giorno siano arrivati, sotto 36 gradi di sole rovente dell’estate di Napoli, in fila per ore a torso nudo, gli idranti dei pompieri che li refrigerano con dell’acqua mentre carichi come mai cantano “Senza parole”, è impossibile non essere assillati da un interrogativo: ma cos’è che spinge settantamila esseri umani a patire con leggerezza qualsiasi fatica per assistere al più atteso evento dell’anno negli ultimi trent’anni?
Il San Paolo di Napoli non riecheggiava della sua voce unica da otto anni.
E ieri quella lunga attesa dei fan partenopei ha inondato il Vasco di un affetto e un’energia che solo a Napoli si possono ricevere.
Gli striscioni che sventolano dagli spalti, “Vasco, tu sei l’altra metà del Cielo”, “Noi siamo ancora qua…eh già”, “Siamo solo noi!”, “E’ tutta un equilibrio sopra la follia”, “Sempre qui per vivere una favola”, la ola che serpeggia da cinquantamila braccia che si alzano intrepide al cielo in un solo grido “Vasco”.
Il rintocco hard rock delle strepitose chitarre di Vince Pastano e Stef Burns risuona intorno alle 21: 15, il Kom in forma smagliante che dichiara “sono innocente”. Il San Paolo che lo acclama.
Ed eccola, la risposta, in quel suo sguardo azzurro e nudo, in quei suoi movimenti unici, sul palco, buffi e al contempo così tremendamente rock.
Nella gioia immensa che emana dalla carica della sua voce, che incita pazzamente alla vita e alla libertà di essere felici come si vuole. E nelle lacrime di emozione e commozione che lo colgono, irrefrenabili, per l’affetto inondante dei napoletani, che gli tolgono il fiato e non lo lasciano quasi cantare, mentre a squarciagola cantano “oì vita, oì vita mia…oi core e chistu core”.
Niente dura niente dura e questo lo sai, però non ci si abitua mai…chissà perché”, si urla alle stelle in sessantamila, mentre “ognuno col suo viaggio ognuno diverso” si carica di linfa vitale per affrontare la propria esistenza, domani.
E poi ancora braccia al cielo, e lucine che serpeggiano dagli spalti come lucciole sul mare di notte, Vasco che sorride e dice “Grassie Napoli!”, il San Paolo che esplode e lo invoca, come un dio, quello che accompagna ciascuno nella propria quotidianità, che ti allevia dalle sofferenze e dai momenti negativi con il tocco della sua voce e del suo modo di pensare la vita, che è imperfetto e peccatore, ma non giudica e induce a rialzarsi sempre dopo ogni caduta, perché “la vita è un brivido che vola via, è tutta un equilibrio sopra la follia”.
Quindi il saluto, inevitabile, a Pino Daniele, amico di note e risate, che lo stadio non esita a commemorare al grido “Pino Pino!”.
E’ in notti come queste, di stelle infinite che odorano di estati che non finiscono mai, come quelle di un tempo, quando tutto era un’altra cosa e la tua vita non aveva visto il buio, che ne hai la certezza. Sono gli uomini che incitano all’ebbrezza della gioia della vita e dei propri sogni quelli che smuovono ogni cosa. E’ questo il rock. E’ questo Vasco. E noi che siamo qui ogni volta a sentirlo e ad amare di più la nostra vita con quella scarica di adrenalina di cui ci pervade la sua voce “Facciamo bene perché siamo vivi…domani chi lo sa…te la prendi te la responsabilità…lità”.

GìDM

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