treno ok

Prosegui col tuo passo sobrio e adagio, camuffando il tuo stato di agitazione.
Tranquillo, non voltarti a guardare indietro. La sua figura ti pervade la mente, il suo terribile dente d’oro. Con la coda dell’occhio, perlustri la zona, desolata e sorda, scenario perfetto per un delitto.

Deglutisci.


Acceleri il passo, attraversi la strada allentando il nodo alla cravatta. Ti volti, fintamente distratto, magari l’hai seminato. Il tuo respiro si regolarizza: sei alla stazione centrale, finalmente un luogo familiare , gente che affolla le sale d’attesa, che riempie i ristoranti, che chiacchiera al bar, che fa la fila alle biglietterie. Attendi il tuo treno, scrutando con sguardo obliquo e diffidente chiunque ti si accosti. Una donna, seduta di fronte, ti fissa incuriosita, o forse minacciosa.; ti agiti.


Il tuo treno è in partenza, poche persone salgono con te. Prendi posto accanto al finestrino, apri il giornale alla pagina di economia. Ci metti qualche secondo a realizzare che il tuo vagone è completamente vuoto.


Ti sporgi a guardare il vagone successivo, che ondeggia inquietante: desolato. Il tuo battito cardiaco è accelerato, stai entrando in uno stadio di tripudio angoscioso. Ti sfiora l’assurda idea che il treno stia scorrendo sui binari senza un conducente; ti guardi intorno sistematicamente, intravedi, sempre più vicina, una sagoma scura.

E’ un controllore, la sua apparizione ti consola. Ti si avvicina. “Biglietto, prego”. Ha una voce senza espressione; gli porgi il biglietto, lui ti rivolge un sinistro sorriso facendo sfoggio del suo canino d’oro, allontanandosi. Trasali. Riesci a sentire il battito del tuo cuore, rimbomba tutt’intorno con ritmo incalzante . Il treno acquista velocità, hai il respiro affannoso. Tutto buio, sei entrato in una galleria. Percorri i vagoni tastando le sedie; il vento, entra dai finestrini, ti scompiglia i capelli e quel po’ di lucidità che cerchi di mantenere. Dei passi, alle tue spalle. Ti seguono. Un dorato luccichio. Non voltarti, prosegui, prosegui. Apri questa porta, aprila, presto. I passi sono più vicini. Ancora una maniglia, afferrata nel buio. Stenta ad aprirsi. Vorresti urlare. Urli, si apre. Luce, gente, tanta gente. Sei sconvolto, scendi dal treno, respiri a fondo. Entri in un bar “un caffè doppio, per favore!”. Cerchi di realizzare quanto ti è accaduto; ti rincuori col vocio delle persone e l’aroma del caffè. Lasci la mancia al barista. Ti rivolge un grazie senza espressione.

Ha qualcosa che gli luccica tra i denti.