Erano tornati da Berlino, gli occhi del sonno perso, come noi all’ultimo anno di liceo in quella gita a Praga.
Sono entrata in classe come tutte le mattine, ma più allegra, perché dopo cinque giorni li rivedevo, i miei mattacchioni dell’ultimo anno.
Si erano trascinati in classe con tre ore di sonno, mi dovevano raccontare tante cose. Dei monumenti, del cielo di Berlino, tanta storia che abbiamo studiato insieme, prof, era tutta là, per quelle strade.
Ho letto sulle loro facce quello che non mi potevano raccontare ma che avrebbe voluto, ho sorriso sui ricordi dei loro domani e poi, a salutare D’Annunzio, abbiamo letto “La Pioggia nel pineto”.
Ho promesso che non l’avrei analizzata, si sviscera una trota privata della sua coda, della sua testa, squamata e sfilettata. Che l’avremmo ascoltata, come si fa con le stelle sotto il manto di una notte d’estate.
“Piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggieri, su i freschi pensieri”.
Ci siamo concessi un silenzio, abbiamo mescolato i nostri pensieri sparsi, ne abbiamo fatto quel sorriso di complicità che conclude le nostre lezioni scanzonate, colme solo di quella cultura bella, mai imposta, ma solo proposta. Quella che in aula, magicamente, tutto a un tratto, fa calare silenzio sulla storia e sui poeti.
Ci vediamo lunedì.
E non ci siamo più rivisti. Al mattino ci salutiamo dietro a uno schermo con una tazza di latte in mano.
Mesi fa, li avevo conosciuti da poco, gli ho dato un foglio bianco e li ho invitati a scrivere una poesia.
Mi sono stupita a raccogliere versi e non fogli intatti, alla fine dell’ora.
Le abbiamo lette tutte, senza rivelare i nomi. Hanno deciso di votarle. E ha vinto una.
Che oggi, a rileggerla, righe cancellate incluse, me lo rammenta, perché io, che odiavo andare a scuola, sono diventata una Prof.
Per scovare poeti dietro dei numeri

“Vivo la mia vita seduto su un angolo
cammino avanti e indietro come prima del patibolo
mi hanno abbandonato e ora soffro d’insonnia
non mi sentite? Sono dentro una bolla
Sbatto le porte per nascondere i colpi di tosse
persone gentili con le identità nascoste
sono seduto in fondo al bar
Mi bevo un Campari con la sorte
parliamo delle allucinazioni e dei pensieri sporchi
Mi chiamano tutti ma sono da solo
Guardo lo specchio e i miei scheletri mi graffiano
aspettando che le acque si calmino

Mattezo Zini, 5T

GìDM

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One Response to A lunedì, Prof

  1. Amina Djemaoui ha detto:

    Bellissima giusella, anche io ho iniziato a pensare la tipica frase ” ci vediamo lunedì” poi quando hanno annunciato la chiusura delle scuole io non ci credevo neanche non ci credevo che la chiudevano per corona virus, infatti i miei genitori mi dicevano ” anche la tua scuola è chiusa” io facevo la capra dicevo ” No, la mia scuola non è chiusa non la chiudono”.
    Io non ascoltavo nessuno, ascoltavo solo la mia mente.
    Ci messo un po’ a credere tutto ciò che dicevano non era uno scherzo, ci ho messo un po’ a capire che non è una presa in giro, ci ho messo un po’ a capire che tutto ciò che succede è reale.
    Dopo qualche settimane cadi in depressione iniziò a prendere dei medicinali, dei anti depressivi per non che mi cada anche l’ autostima.
    È una poesia veramente stupenda mi piaciuta un sacco, sicuramente diventerà un grande poeta con te.

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