Antonella Ossorio: Scrittrice napoletana, autrice di numerosi romanzi, di storie ricche di fascino e raffinatezza di sentimenti. Sui social abbiamo amato tantissimo seguire le vicende di casa sua che hanno visto come protagonista la mitica Anita, la regina di casa a quattro zampe. E ora ci divertiamo un mondo a seguire quelle di Zoe, la nuova arrivata. Tra i suoi ultimi libri, “La mammana” ( Einaudi, 2014) “La cura dell’acqua salata”( Neri Pozza, 2018).

Ciao Antonella! Innanzitutto: che fa Zoe in questo momento? Stravaccata sul divano?
Ciao, Giusella! Colgo l’occasione per smentire certe voci false e tendenziose che descrivono Zoe come una creatura fantastica metà cane e metà divano. In realtà, dopo una lunga sessione di gioco, al momento è impegnata a sbranare un vecchio calzino.

Sei la sposa del giorno. E vogliamo sapere tutto delle tue nozze col Doc. Ormai dal web conosciamo anche lui( io l’ho conosciuto di persona) per le storie spassosissime di casa tua. Tu e Claudio siete insieme praticamente da sempre. Una storia davvero vecchio stampo, di quelle che ormai non se ne vedono quasi più. Come vi siete conosciuti?
1980, festa di carnevale a casa della mia migliore amica, Giovanna. Entrambi non avremmo dovuto esserci. Io, per varie vicissitudini, non ero in vena di festeggiamenti; Claudio era ed è poco amante del genere, ma senza troppa convinzione finì per cedere alle insistenze di un amico. Ero mascherata da schiava con tanto di catene, lui da clown. Dopo un salace scambio di battute, la prima cosa che fece fu chiedere alla padrona di casa un catenaccio col quale si prese la briga di bloccare le catene che avevo intorno ai polsi per poi allontanarsi con un ghigno satanico che manco It. Pochi secondi dopo mi ero già liberata. Lui, basito: ma come hai fatto? Sfilandomi le catene dai polsi (mica ero scema, le avevo fissate belle larghe) gli rivolsi uno sguardo di commiserazione e lo piantai in asso. Durante il mese successivo ci frequentammo con una certa continuità (la festa di carnevale aveva dato luogo a una comitiva della quale tutti e due eravamo entrati a far parte). Un periodo trascorso a litigare furiosamente per qualunque sciocchezza, prima di accorgerci che forse potevamo inventarci un modo di interagire più divertente.

Quanti interessi avete in comune: assai, abbastanza, così così, assolutamente nulla ma che figata essere diversi ?
Interessi in comune tantissimi, dati caratteriali praticamente nessuno. Un esempio su tutti: il bagno a mare. Il doc avanza verso la battigia, mentalmente esegue valutazioni di vario genere dopodiché si tuffa; a larghe bracciate guadagna il largo, poi fa dietrofront. Tempo totale dell’attività: non più di 10 minuti. Quanto a me, armata di maschera mi immergo. Dire che nuoto mi parrebbe eccessivo, comunque sto a galla e mi sposto (di solito, parecchio. Capisco di averlo fatto troppo quando, lontano lontano, vedo Claudio che scruta l’orizzonte o, se ho proprio esagerato, che si sbraccia sulla riva). Insomma, galleggio, mi sposto e guardo i pesci. Diciamo che faccio snorkeling, che così suona meglio. Tempo totale dell’impresa: non meno di un’ora (al netto dell’esiziale fase successiva, quella in cui gli racconto con dovizia di particolari le mirabilia che ho visto).

Ricordi un momento preciso in cui hai pensato “Io voglio essere sua moglie?” Dov’eravate?
Guarda, non saprei proprio. Se mai è accaduto il ricordo ormai si perde nella notte dei tempi. Scherzi a parte, essendoci conosciuti giovanissimi ci abbiamo messo tanto di quel tempo a trovarci nella condizione di fare la fatidica scelta che a quel punto è stata una cosa del tutto naturale.

Ora, Anto, rullo di tamburi: c’è stata o no la fatidica proposta di matrimonio con anello inginocchiamento lacrimoni e sì lo voglio ti amo anch’io, ok adesso però finiamo la cena su questa terrazza con vista golfo di Napoli?
E no, mi dispiace deluderti ma non c’è stato niente di tutto questo.

Io so che il vostro matrimonio è stato incredibile. Il nudo e crudo coronamento di un grande amore. Senza fronzoli. Tu, lui, che altro? Raccontaci come andò.
Io, lui, familiari e amici stretti, più un messo comunale in una spoglia sala del municipio al Vomero. Poiché all’epoca abitavo in un paese della provincia, per paura del traffico mi ero avviata con un anticipo assurdo. Risultato: arrivai prestissimo, prima di chiunque, sposo compreso. E che dovevo fare? Mi presi un caffè, anzi due, comprai una rivista e aspettai (vedi foto allegata)

Com’era il tuo abito da sposa? Sei andata a sceglierlo da sola?
In realtà non era un abito da sposa, ma un semplice tailleur (indossato quel giorno e mai più, proprio come le scarpe col tacco che solo a pensarci mi cadono i piedi. Vedi foto allegata, quella dove sembriamo quasi due sposi seri). Ad accompagnarmi a sceglierlo fu la mia amica Giovanna, che intanto era anche diventata anche la mia socia (avevamo aperto insieme una scuola materna, esperienza che durò ben dieci anni).

E il bouquet, che fiorellini lo decoravano? Lo hai lanciato addosso a qualche ragazza, poi? Per buon augurio, eh.
Ah, il bouquet! Mi arrivò quello sbagliato: piccolissimo, di roselline gialle, aveva tutta l’aria di essere destinato tutt’al più a una damigella. Non mi ci applicai sul momento, né ho approfondito in seguito la dinamica dell’equivoco. Certo che lo lanciai: ho il vago ricordo di due amiche che con un balzo felino ci si avventarono sopra, ma non so chi fu a spuntarla. Probabilmente non l’ho mai saputo, a quel punto della nottata ero troppo brilla (vedi foto allegata. La sposa sotto il tavolo, so che pare brutto ma così andò)

Immagino quanto vi sarete divertiti, tutti e due, lì, ce lo racconti un aneddoto particolarmente simpatico che ti viene in mente di quel giorno?
Non so se l’episodio possa definirsi simpatico, ma al momento delle firme Claudio anziché il nome completo scrisse C. Falco. Dotto’, mi permetto di ricordarvi che questa non è una ricetta medica, commentò il messo comunale. E tutti risero.

E poi, dopo la celebrazione del rito, dove siete andati a festeggiare?
Dopo il Comune, pranzo con i soli familiari. Dopo, riposino nella nostra casa nuova di zecca, con grande disappunto della solita Giovanna che, stavolta nella veste di mia testimone nonché “comare” di anello tentava disperatamente di far assomigliare quella cosa senza capo né coda a un matrimonio degno di tale nome. Prima di arrendersi, tentò finanche di attaccarci di soppiatto una coccarda bianca all’antenna dell’auto. Comunque i festeggiamenti veri arrivarono la sera. In un’osteria di Mezzocannone, con una trentina di amici. E sì, ci divertimmo un sacco; mangiammo e soprattutto bevemmo, qualcuno cantò, si rise molto.


Siete partiti per il viaggione di nozze? Più volo per le Bahamas o giro d’Italia con la cinquecento?
Niente viaggione, soltanto una settimana in Austria, dal momento che con ammirevole tempismo due mesi prima avevamo investito i sudati risparmi in un lungo giro in Normandia e Bretagna.

Ed è stato come lo avevi sempre immaginato da ragazzina, il tuo matrimonio? Ammesso che tu abbia sognato di convolare a nozze, da giovincella.
Se ben ricordo da ragazzina avevo in mente qualcosa di più tradizionale. Ma solo perché davo per scontato che dovesse essere per forza così.

A che tipo di nozze siete arrivati? D’argento, d’oro, di platino, diamante, pane e mortadella… ?
Google dice che sarebbero di ambra (28 anni). Ma sommati a quelli di fidanzamento gli anni passati insieme diventano 40 tondi tondi. Facciamo nozze “de coccio” e non ne parliamo più?

Se dovessi risposarti, cosa cambieresti? (marito incluso, eh):
Questo col doc ce lo saremo detto cento volte: malgrado l’assenza di partecipazioni, bomboniere e il grosso di quello che fa matrimonio, poco ma sicuro che dagli abiti ai festeggiamenti sarebbe tutto ancora più “casual”. Riguardo al marito, fammici pensare. E vabbè, me lo tengo. Di questi tempi l’usato sicuro vale oro.

Grazie di cuore, Antonella. I fiori d’arancio di oggi sono tutti per te!
#sisposichipuò

GiDM

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